LA NAZIONE
Mercoledì 5 maggio 1954.

2a pagina.



IL DRAMMA DEI SOPRAVVISSUTI

Grosseto, 4 maggio.
Difficile descrivere il dolore collettivo, l'angoscia che ha preso d'assalto, all'improvviso, il cuore di interi paesi, il dolore che ha serrato alla gola e inumidito gli occhi degli abitanti di Ribolla e del Comune di Roccastrada con le sue frazioni: Tatti, Sassofortino, Roccatederighi, i luoghi, insomma, che forniscono la manodopera alla miniera di lignite della Montecatini.
Il lutto che ha colpito tante famiglie (e può darsi che purtroppo ne debba colpire altre) si è ripercosso in tutti i focolari della zona mineraria del Grossetano, ha trovato pietosa eco ovunque.
È come se lo sconforto avesse bussato a tutte le porte e non per una visita formale, per una sosta di qualche minuto, ma di ore, di giorni, di mesi, di chissà quanto tempo.
Questa di Ribolla è una tragedia che difficilmente si dimentica.
Occorreranno anni.
E forse non bastano.
Chissà per quanto tempo resterà impresso nella mente degli abitanti della zona il suono lacerante e disperato delle sirene delle autoambulanze, che hanno fatto a lungo la spola fra la miniera e il pronto soccorso dell'ospedale di Massa Marittima, recando un doloroso carico; chissà per quanto i lamenti dei feriti, le domande ansiose di quella folla da Calvario in trepida attesa davanti all'ingresso della miniera.
La colpa è del grisou. Un gas terribile, legato a pagine e pagine del purtroppo vasto volume degli infortuni minerari, un nome che riporta alla mente tanti drammi sotterranei, pozzi che sprofondano, soffitti di gallerie che cedono, pareti che crollano, apocalittiche esplosioni, operai dilaniati, sepolti da tonnellate e tonnellate di materiali, uomini tagliati fuori dal mondo, prigionieri di un carcere inesorabile a centinaia di metri di profondità, stretti nell'abbraccio mortale della terra.
I minatori lo conoscono.
Si fece conoscere tanti anni fa nel pozzo di San Feriolo con un impressionante boato. E anche allora morti e feriti.
Questa volta, si dice, l'esplosione è dovuta al fatto che le gallerie della miniera, essendo a fondo cieco, avrebbero favorito l'ammassarsi del pericoloso gas, che la poca circolazione d'aria non avrebbe disperso.
Si dice ancora che nel pozzo esploso ci fosse il “fuoco”, ovvero le lingue di fuoco di quella specie di inferno che esiste sotto la crosta terrestre dove ci sono giacimenti di lignite, e quindi depositi di metano e di altri gas.
In tal caso, prudenza vuole che il pozzo venga “tappato” finché il fuoco si spenga.
Questa volta, invece, il muro che doveva chiudere l'accesso – e l'aria – al pozzo incriminato sarebbe stato aperto: e in questo potrebbe ricercarsi la causa del disastro.
Comunque è troppo presto per dire una parola definitiva su tale importantissimo e delicatissimo punto. Le responsabilità, se ve ne sono, saranno debitamente accertate: altro non c'è da dire.
È semmai il caso di parlare dei minatori, di questi eroi sconosciuti. Nessuno ne racconterà mai le gesta: non sono clamorose, e solo il clamore oggi attira l'attenzione del mondo.
Nessuno descriverà il duro lavoro di questi uomini, gli sforzi fisici che compiono, la saldezza del loro animo, il meraviglioso sangue freddo, il loro quotidiano coraggio.
Eppure non è da tutti scendere ancora nei pozzi, dopo quanto è successo e quanto va succedendo un po' ovunque nelle miniere.
Non soltanto a Ribolla e non soltanto da ieri.
Non è da tutti calarsi nelle profondità a soccorrere i compagni di lavoro dopo aver valutato il pericolo.
Quando scendono nelle gallerie questi minatori portano un modesto elmo, una piccola lampada e un grande coraggio. Non lo sprezzo della vita (un grande bene, per chi non ha altro se non un patrimonio di affetti), non l'euforico incoscienza di chi, appunto, non sa: ma un ragionamento freddo, il coraggio di chi ha previsto tutto e, ciò non ostante, non teme.
Il vero coraggio dunque. E forse il solo.
Per le strade di Grosseto fino a tarda notte una grande animazione. Anche qui nonostante i trenta e più chilometri di distanza dalla zona del disastro, l'eco è stata profonda, gruppi di persone sono fermi nel centro cittadino a commentare le notizie che giungono da Ribolla.
Sui volti di tutti è una profonda costernazione per i caduti e i feriti. Una speranza per gli uomini che ancora mancano all'appello. Sono molti, e sembra impossibile che non si possa salvarli, strapparli all'abbraccio mortale della terra, al veleno del gas delle miniere.
Si sa che la popolazione di Ribolla e delle frazioni vicine è mobilitata nell'opera di soccorso; è noto inoltre che nella zona si trovano le forze militari che hanno preso parte alle recenti manovre (proprio stamani i fanti della “Friuli” e della “Toscana”, rotte le difese del partito avverso sulla linea dell'Ombrone, si sono ricongiunte a Giuncarico, nei pressi di Ribolla, con i Marines e gli assaltatori sbarcati con i mezzi anfibi sulla costa di Castiglion della Pescaia).
Sul luogo del disastro si trovano le autorità di Grosseto, i dirigenti della miniera, gli amministratori della Montecatini.
Nel pomeriggio è arrivato anche il ministro del lavoro , Vigorelli, il quale ha preso immediatamente contatto con le autorità locali e, dopo aver dato le opportune disposizioni, è ripartito alle 23,30 per Roma, dove riferirà al Consiglio dei Ministri e al Presidente della Repubblica.
Uomini e mezzi per i soccorsi non mancano: sarà tentato senza dubbio il tentabile e anche di più per salvare i minatori prigionieri.
Nella buia notte grossetana non c'è che la debole luce di questa speranza.

GIORGIO BATINI.

- Per gentile concessione di Roberto Calabṛ.-

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