- La storia -

L'incastellamento



Tra il V e VI secolo si osservano, nel territorio della Maremma, due fenomeni collegati e significativi:
- perdita di importanza economica delle ville romane (come la villa del Selvello sul fiume Bruna) e sostanziale abbandono delle zone di pianura;
- contemporanea comparsa nell'entroterra di alcune nuove fondazioni situate sulle pendici collinari.
In questi secoli, quindi, il paesaggio è caratterizzato da piccoli insediamenti rurali spostati verso i rilievi collinari mentre la pianura, densamente popolata nei secoli precedenti, risulta adesso del tutto spopolata.
Successivamente si assiste ad una sorta di aggregazione degli insediamenti in nuclei più consistenti nei siti che poi verranno incastellati; è difficile stabilire se questi "protocastelli" nascano spontaneamente o se facciano parte di una riorganizzazione del territorio legata a nuove forme di potere.
Monumento A TUTTI I CADUTI DELLE MINIERE -Ribolla- Comunque il fenomeno dell'incastellamento si presenta in molti casi come consolidamento strutturale ed istituzionale di preesistenti forme insediative di altura; in altri casi, invece, la nascita di nuove fondazioni su sommità strategiche è legata ad esigenze produttive del potere signorile.
Sono infatti le esigenze economiche, filtrate da chi gestisce il potere, a condizionare fortemente il tipo di insediamento, che sarà preferibilmente sparso di fronte ad una economia basata sullo sfruttamento capillare del territorio mentre in una realtà economica in cui predomina la risorsa mineraria avrà una spinta all'accentramento da parte dei ceti dirigenti, che definiscono e talvolta formalizzano l'esistenza dei villaggi.
Quei villaggi che divengono l'espressione della signoria locale: i castelli.

La diversità fra insediamento inizialmente spontaneo ed insediamento nato per volontà signorile si riscontra, topograficamente, fra castelli di media collina, geograficamente e tipologicamente più prossimi alle forme insediative preesistenti (Litiano, Fornoli, Lattaia, Sticciano, Rosciano) ed i castelli più arroccati e più imponenti, situati spesso in alture impervie e prossimi alle aree di importanza strategica mineraria e metallurgica (Roccatederighi, Sassoforte, Roccastrada, Torniella).


A partire dal XIII secolo, con il declino della famiglia degli Aldobrandeschi, le varie dinastie locali dei castelli del territorio fanno atto di sottomissione al Comune di Siena.
Siena inizia così un ampliamento dei suoi confini in direzione meridionale, proprio dove la resistenza è minore: con il primo intervento senese si ha l'abbandono di due castelli (Fornoli e Torri).
Cambiando l'assetto politico del territorio, da una estrema parcellizzazione, caratteristica del potere signorile, ad una gestione unitaria sotto il governo senese, la sopravvivenza di molti dei piccoli castelli perde significato e la popolazione, per motivi di funzionalità e di sicurezza, tende a raccogliersi all'interno dei borghi più grandi.
La lontananza dalla città di Siena e dai traffici economici e commerciali ad essa connessi comporta una persistenza degli istituti feudali ed un conseguente attardamento economico rispetto al resto della Toscana che vive, in questo periodo, la sua fase di massima fioritura economica.
La riluttanza della repubblica di Siena ad emanciparsi dal semplice prestigio della proprietà terriera la porterà ben presto ad assumere una funzione subalterna rispetto a Firenze, prima economicamente e poi politicamente con la conquista fiorentina del 1555.


La politica dei Medici, ed in particolare di Cosimo I, aggrava la situazione della Maremma.
La riforma auspicata avrebbe dovuto abolire vincoli e divieti, diminuire i gravami fiscali, modificare il sistema di fida (l'affitto per pascolo dei campi messi a riposo due anni su tre e pagati alla dogana dei Paschi invece che al proprietario), avrebbe dovuto liberare le terre dagli acquitrini e con esse le popolazioni dalla malaria.
Ma tutto questo avrebbe fatto venire meno, nell'immediato, le entrate fiscali, entrate alle quali i Medici non intendevano rinunciare.
Proprio al termine della dinastia medicea lo spopolamento della Maremma raggiunge il suo apice.
Per sfuggire alla malaria la popolazione cerca di trasferirsi nei borghi più lontani dalla pianura e, se possibile, nei borghi più grossi per far fronte, in più unità, ai gravami fiscali del dominio cittadino.
Per questi motivi Roccastrada, Sassofortino e Torniella resistono meglio alla crisi mantenendo la loro popolazione mentre Montemassi, Sticciano e Roccatederighi si riducono a piccoli borghi fatti di case "vuote di gente" e rovinose, con strade diventate fogne a cielo aperto, vecchie abitazioni trasformate in stalle o in mucchi di macerie e di immondizie.

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Liberamente tratto da: Guideri Boldrini -Contributi per una storia dell'antropizzazione del territorio di Roccastrada-