Disgrazie prima del '54
Montemassi. Settembre 2002
Florido Rosati descrive un infortunio accaduto nella miniera di Ribolla che costò
la vita ad un suo amico, morto asfissiato insieme ad altre due persone.
A diciotto anni morire in miniera...
Perché?
Miniera di Ribolla -1939-
Nella miniera di Ribolla, il montacarichi era il lavoro più duro di tutto l'esterno dei pozzi. Infatti, dopo la visita per la valutazione fisica, in infermeria ci veniva messo uno strumentino in mano, da stringere per misurare la forza.
Molti di noi ragazzi (manco a dirlo!), i più robusti, venivano poi "domati" al montacarichi, là dove facevamo correre su rotaie, scambi e chiattine (piastre di ferro dove far cambiare direzione alle casse) carrelli basculanti da 800 litri. Un po' come la doma dei muli da soma..
Quei carrelli venivano poi vuotati in botole che scaricavano nei vagli e sui nastri della cernita, dove lavoravano decine di donne a due turni. Quando la cernita aveva dei guasti, le donne venivano mandate ad ordinare i cumuli di carbone, pulire i piazzali, ecc. Gli addetti al montacarichi venivano lasciati sopra a recuperare un po' di fisico, data la durezza di quel lavoro.
Si sentiva nell'aria il vento della guerra che si avvicinava; molti giovani, nella speranza di ottenere l'esonero, lasciarono le altre attività e vennero a lavorare in miniera. Così anche il mio amico Daniele Poli; da Volterra si trasferì a Montemassi (paese di origine di sua madre) per lavorare nella vicina miniera di Ribolla. Al ragazzo, abbastanza robusto, fu permesso di restare all'esterno dei pozzi e fu mandato al montacarichi (alla doma dei muli). Riusciva bene e rimase; fin quando, un giorno, ci fu un guasto alla cernita: le donne con i badili in mano e nel piazzale, ai cumuli di carbone e quanto altro, gli addetti al montacarichi sopra a prendere respiro.
Alla rimessa in moto della cernita, su di un nastro trasportatore di carbone, c'era una scritta un po' oscena, ma non compromettente per nessuno; le donne chiamarono il sorvegliante il quale ne fece una specie di tragedia (dati i tempi che correvano) e così un paio di giovani vennero puniti mandandoli in miniera, tra i quali il mio amico Daniele. Venne mandato al pozzo Costantino con gli altri che già vi lavoravano.
Entrarono alle ore 15, erano Minos Masotti di Montemassi, Danilo Carli di Tatti, Daniele Poli, il ragazzo mio amico e quasi coetaneo e uno di Sassofortino (non ricordo il nome). Verso le 19, l'ora di consumare il pasto frugale per il minatore, fu tragedia: una frana di fuoco ostruì la galleria di accesso; uno di loro, quello di Sassofortino, tentò la sorte, si bruciò ovunque ma traversò la frana e si portò in salvo. Dette l'allarme. Il fuoco scendeva ancora, non era possibile il soccorso immediato.
Gli altri tre si incamminarono verso il pozzo di riflusso; l'ossido di carbonio e il veleno dei residui della miniera fecero il resto. Vennero recuperati, dopo due giorni, i tre corpi privi di vita.
Così prevalsero, per l'orgoglio del padrone, lo zelo e la falsa morale clerico - fascista del prepotente, sopra la vita di un ragazzo di diciotto anni che, alla quarta ora della sua prima entrata in un pozzo della miniera, morì con i suoi due compagni, il giorno tre del mese di gennaio dell'anno 1939, nella miniera del gruppo Montecatini a Ribolla, in provincia di Grosseto.
Onore a te, Daniele.
Un amico.
Florido Rosati.
Vittime:
03.01.1939
Minos Masotti
Danilo Carli
Daniele Poli