- L'Unità -

L'Unità giovedì 3 maggio 1956



A due anni dalla sciagura.

Ricorre domani il seconda anniversario della tragica morte dei 43 minatori di Ribolla vittime del sistema di coltivazione della miniera, che la Montecatini, con la compiacenza di determinati uffici governativi, conduceva in contrasto con le norme di sicurezza sancite nella legge di polizia mineraria.
In questo tragico anniversario, nel corso delle manifestazioni commemorative che avranno luogo a Ribolla e in altri centri minerai italiani, i familiari dei caduti, i minatori tutti, chiederanno che la giustizia raggiunga finalmente i responsabili di una tragedia che sollevò l'indignazione di tutto il Paese.
Monumento A TUTTI I CADUTI DELLE MINIERE -Ribolla- Avendo presente il recente infortunio mortale verificatosi nella miniera di Ribolla dove, in gran parte, si continua a praticare il sistema di coltivazione a franamento, condannato anche dalla Commissione governativa che condusse l'inchiesta sul disastro del 4 maggio 1954 -, nonché il pauroso aumento degli infortuni nelle miniere e cave, i lavoratori chiederanno che governo e Parlamento adottino subito i provvedimenti necessari per migliorare la legislazione di polizia mineraria.
Pochi dati sono sufficienti a caratterizzare la tragica situazione esistente nelle miniere ed a sottolineare l'urgenza di provvedimenti antinfortunistici.
Nel 1948, nelle miniere, su 75.488 lavoratori si ebbero 11.217 infortuni (148 per mille) di cui 53 mortali.
Nel 1952 su 70.677 lavoratori gli infortuni sono saliti a 16.450 (232 per mille) di cui 98 mortali.
Nel 1953 su 65.728 dipendenti si sono verificati 17.728 infortuni pari al 272 per mille.
All'indomani della tragedia di Ribolla, da ogni settore del Parlamento furono rivendicati provvedimenti urgenti che il governo si impegnò a predisporre con prontezza: sono trascorsi due anni dal disastro di Ribolla, più di un anno da quello di Morgnano, ma nessun provvedimento in materia di prevenzione degli infortuni è stato emanato in favore dei minatori.
La legge antinfortunistica del 12 febbraio 1955, predisposta dopo l'eccidio di Ribolla, dovrebbe trovare applicazione in tutte le aziende industriali meno che nelle miniere, cave e torbiere.
È una situazione tragica, paradossale ma purtroppo reale.
Le responsabilità governative, per questa situazione, appaiono ancora più chiare se si pensa che fin dal 3 agosto 1954 è stata presentata, da un gruppo di deputati di sinistra, una concreta proposta di legge che prevede la istituzione di "Addetti alla sicurezza e all'igiene" nelle miniere e cave; proposta che non è stata discussa ed approvata perché il governo si è trincerato dietro il progetto di una legge delega di iniziativa governativa.
Presentata un anno fa, essa tende a sottrarre al Parlamento il dibattito sul problema della sicurezza nelle miniere e, in sostanza, ad eluderlo.
Ecco perché, proprio in questi giorni, sia al Senato che alla Camera, parlamentari di sinistra hanno presentato una proposta di legge di polizia mineraria, che tende a fissare i criteri essenziali per le concessioni delle ricerche, per i sistemi di coltivazione, per la prevenzione degli infortuni investendo il Parlamento di ogni decisione.
Dal canto suo, la legge che prevede la istituzione degli "Addetti alla sicurezza" fa perno su una questione essenziale: i lavoratori devono, con rappresentanti eletti che possano esercitare il loro mandato nella più assoluta libertà, partecipare direttamente al controllo dell'applicazione delle norme di sicurezza.
Tale principio, che già è stato introdotto nella legislazione belga e francese (per citare soltanto due paesi capitalistici), e che è stato recentemente sancito in una legge della Regione siciliana, è di fondamentale importanza.
In primo luogo perché è illegittimo escludere i minatori dall'attività rivolta a tutelare la loro vita.
In secondo luogo perché, e le vicende tragiche di Ribolla lo hanno dimostrato, i lavoratori sanno meglio e più dei padroni e di taluni organi governativi, come si deve agire per rendere meno pericoloso il loro lavoro.
Dai villaggi minerari della Maremma e della Sardegna, delle Marche e dell'Umbria, si leverà domani la voce dei minatori italiani per chiedere che queste proposte di legge siano al più presto discusse e approvate, che si ponga fine alla intensificazione dei ritmi di lavoro, ai sistemi di coltivazione imposti dall'economia monopolistica del profitto che mettono ogni giorno a repentaglio vite umane.
I minatori di Ribolla e d'Italia onoreranno così la memoria dei loro compagni uccisi sul lavoro.

MAURO TOGNONI.

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Liberamente tratto da quotidiano l'Unità del 3 maggio 1956-