IL MATTINO

Sabato 8 maggio 1954

“Materiale umano”


 

Il fatto dinanzi a cui tutti chiniamo la fronte, è quello della lunga teoria di bare, che si snoda giù per il colle di Ribolla, in Maremma.
La sciagura mineraria è di rilievo: è la più grossa che sia mai intervenuta nella storia del lavoro italiano; fa corrugare la fronte, in segno di preoccupazione e di dubbio, ad ogni uomo di buon senso, anche se esperto o profano di tecnica mineraria.
Tutta fatalità, o fatalità venata di una tal quale responsabilità di dirigenti o di tecnici, o responsabilità netta e precisamente accertabile?
A questo punto, la mente è tratta a collegare a quel fatto certi precedenti del disastro che sono inquietanti, e che meritano di essere vagliati. C'è – pare – la denuncia di un membro della Commissione Interna, avanzata qualche mese fa, e a cui si sarebbe risposto semplicemente con il licenziamento in tronco del denunziante. C'è – si dice – un recente scoppio di gas, per fortuna lieve, avvenuto tempo fa nello stesso punto in cui avvenne quello di martedì, e a cui non si pose mente.
C'è infine la diceria che, siccome la miniera di Ribolla era antieconomica, con giacimenti in via di esaurimento, la società proprietaria la gestisse con una certa trasandatezza, che prima o poi doveva metter capo a una catastrofe.
Sono, tutti questi, elementi discutibili ed opinabili; ma che, congiunti al fatto tremendo dei morti, tanti morti, fanno agevolmente concludere con la affermazione che una inchiesta seria deve andare al fondo delle cose, ed accertare, se ci sono, le responsabilità.

Chiaro, che in questo accertamento il massimo impegno dovrebbero mettercelo i partiti che si qualificano espressione più diretta degli interessi dei ceti operai. Questi partiti, se davvero rispondessero nella azione alla loro etichetta, dovrebbero proporsi, in conseguenza alla catastrofe di Ribolla, un obiettivo solo: quello di arrivare a spiegare con certezza perché quei quaranta poveri minatori hanno lasciato la pelle nella miniera. Essi dovrebbero spingere, essenzialmente, a questo, giovandosi di tutta la loro influenza politica. Ed a questo obiettivo stesso, naturalmente, dovrebbero tendere anche le organizzazioni sindacali; e prima di tutte la più importante, quella cui aderiscono, nella grande maggioranza, i minatori morti, e cui aderiscono quelli viventi.
Beninteso, che partiti e organizzazioni sindacali dovrebbero tendere a questa ricerca, con obiettività; cioè proprio e soltanto, al fine di determinare le eventuali responsabilità della catastrofe, e – soprattutto – per impedire che catastrofi del genere si possano ripetere.
In Inghilterra, il Labour Party e le Trade Unions, in casi analoghi, si regolano così.
Guardate che cosa, invece, accade in Italia.
Qui i partiti sedicenti operai e la Confederazione Generale del Lavoro, levano, sì, un grande clamore, attorno ai morti di Ribolla; ma è patente, fin dal primo momento, che quei morti sono sollevati sulle braccia, o portati attorno, in vista di un fine ben diverso, e ben più vasto, di quello contingente e preciso, di una migliore organizzazione del lavoro minerario.
Essi – quei poveri morti – devono servire ad una manovra “a larghissimo raggio”, come dicono i critici militari; e che preme ai capi di quei partiti e di quelle organizzazioni sindacali ben più che la efficienza della tutela della vita umana in miniera.
Che indagini tecniche d'Egitto!
Le indagini tecniche, i giornali di quei partiti le hanno già fatte per conto loro, fin dalla prima notte susseguente alla sciagura; e le hanno espresse in una parola sola, in un titolo imperativo incitante all'arresto dei dirigenti della Società.
Naturalmente, coloro che chiedono questo provvedimento sanno benissimo, meglio di tutti, che esso non può essere legalmente attuato; e che esso, per giunta, non servirebbe un bel nulla al fine delle ricerche tecniche.
Ma essi lanciano quel grido precisamente per questo, perché sanno che non può avere seguito alcuno; e che, per conseguenza, si esaspererà la cupa disperazione dei parenti e dei compagni delle vittime.
E, alla prima richiesta dell'arresto, seguono accuse gravissime, in base a cui i dirigenti non solo della miniera colpita, ma delle Società industriali, trascurerebbero sempre, sistematicamente, tutte le precauzioni tecniche, presi dalla ferocia di torchiare al massimo il lavoro umano, e quasi da una feroce voluttà di mettere al cimento di una morte atroce i lavoratori che scendono in miniera.
E anche qui, coloro che rivolgono queste accuse sanno che sono assurde; ma anche sanno che le loro sono accuse che fanno colpo sugli animi, che possono servire a “montare” la commozione di una popolazione e l'impressione del pubblico.
Ah! Se la miniera di Ribolla, prima del disastro, rendeva poco alla organizzazione industriale che la gestiva, ora, dopo il disastro, essa deve pur “rendere” ad un'altra organizzazione, la cui attività specifica consiste nell'eccitare le passioni e i rancori del popolo italiano, e a spingerlo verso lo sbocco tremendo della guerra civile...
E così, il disastro, invece di costituire l'occasione per una efficace inchiesta sulla tutela della sicurezza in miniera, diventa l'occasione per una agitazione politica di più, al servizio di un partito politico: il partito comunista.
Si riduce ad essere un “motivo” di più della propaganda comunista; e un motivo efficacissimo, da cui gli specialisti, che ci sono, e valenti, si ripromettono di cavare nuovo incremento di voti.
E' abbassato al livello di un espediente da comizio, ad argomento da lanciare là, all'ultimo, quando c'è bisogno di dare l'ultimo aizzamento alla eccitazione del pubblico.
E, coloro i quali pur essendo ben lontani dall'essere comunisti, sinceramente commossi per la sorte toccata ai minatori di Maremma, si accorgono che la loro commozione diventa una specie di materia prima per la propaganda di un partito che, con una spregiudicatezza degna del Principe machiavellico, si serve di tutto – e fino dei sentimenti più ingenui e schietti di pietà e di solidarietà umana...

Quanto poi alle inchieste sul perché e sul come del disastro di Ribolla; quanto all'accertamento serio delle eventuali responsabilità; quanto alle misure da adottare perché – nei limiti del possibile – le catastrofi come quella di Ribolla non ne sopravvengano più; quanto alla difesa effettiva della vita dei lavoratori che scendono nei pozzi e nei cunicoli delle miniere, tutto ciò ha un valore molto relativo per i capi del Partito Comunista.
Essi, sì, cercano di fare i sentimentali; ma in fondo, per loro i minatori di Ribolla, e i lavoratori tutti, sono “compagni” solo sulla carta e nei discorsi da comizio.
Nella realtà del gioco politico di stile leninista, sono soltanto “materiale umano”, da adoperarsi freddamente in vista dell'unico obiettivo: la conquista del potere.

Giovanni Ansaldo

- Documento gentilmente concesso da Norberto Sabatini -

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