IL NUOVO CORRIERE.
LA GAZZETTA

Venerdì, 14 maggio 1954.

 

La tragica vita dei minatori del Grossetano.

Una frana in una galleria uccide un operaio
e ne ferisce gravemente un altro.


 

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  LA MORTE NON ASPETTA LA FINE DELLE INCHIESTE

IMMEDIATO ECO ALLA CAMERA


 

Un terribile boato – Una massa di molti quintali di gessite ha travolto due uomini – La difficile opera di soccorso – I miseri resti della vittima faticosamente estratti dalle macerie.

RIBOLLA, 13.
Un'altra sciagura ha portato il dolore e il lutto nel piccolo centro minerario di Ribolla: un minatore è deceduto e un altro versa in imminente pericolo di vita in seguito a un crollo verificatosi stanotte in una galleria di “avanzamento”.
Da tre anni centotrentadue minatori ribollini venivano impiegati nella costruzione di una lunga galleria situata a un livello di circa 125 metri che dovrebbe congiungere la miniera lignitifera di Ribolla al pozzo di estrazione della pirite di Perolla (Massa Marittima), andando a terminare sotto la miniera di Boccheggiano per ricettare le acque di scolo di questa miniera.

Giovanni Banducci


Il pozzo numero due.
Come è noto, il lavoro di produzione in tutto il bacino minerario di Ribolla, per disposizione ministeriale, in seguito alla catastrofe di nove giorni fa, è stato sospeso.
L'ordine di sospensione riguardava però solo il pozzo “Camorra” e i pozzi adiacenti, per permettere alla apposita commissione di svolgere un'inchiesta tendente ad accertare le cause dell'ultima terrificante esplosione.
La galleria di “avanzamento” dove si è verificato il mortale infortunio fa parte di un altro complesso, quello – abbiamo detto – di Perolla e ha il suo accesso dal pozzo numero due, distante circa venti chilometri da Ribolla.
Sebbene dipendente amministrativamente da quest'ultimo bacino minerario, non vi veniva eseguito lavoro di estrazione o comunque di produzione, ma soltanto di “avanzamento”, cioè si stava scavando per eseguire il tracciato nel sottosuolo fino alla galleria di scolo di Boccheggiano.
Ieri sera, puntuale, la squadra del terzo turno era scesa nella galleria, meglio nota nella zona come “il gallerione”, attraverso il pozzo numero due.
Saranno state circa le una di notte quando il minatore Giovanni Banducci, di 49 anni, residente a Ribolla, e Dino Leoni di 38 anni, residente in frazione Giuncarico, tornavano sui propri passi per sganciare a 900 metri di distanza dal pozzo d'ingresso alcuni vagoncini.
Nel momento in cui il Banducci si chianva per azionare il gancio di attacco dei vagoncini, preceduto da un pauroso boato, dalla volta del “gallerione” si staccava una frana di molti quintali di gessite rovinando a terra con grande frastuono.
Il Banducci veniva travolto e probabilmente decedeva prima ancora di rendersi conto della sciagura che era accaduta.
Il Leoni veniva investito da alcuni massi e da un grosso tubo di ghisa che si era staccato dalla parete.

Due ore di lavoro.
Al fragore accorrevano immediatamente gli altri minatori intenti al lavoro, che subito provvedevano ad estrarre dal cumulo della gessite i corpi straziati dei loro compagni.
Per Banducci purtroppo non c'era più nulla da fare e il cadavere veniva adagiato al suolo e su di esso veniva pietosamente stesa una coperta.
Il Leoni respirava ancora e non senza grande fatica si riusciva a trasportarlo alla superficie.
Due ore infatti trascorrevano prima che il Leoni potesse essere adagiato sopra la lettiga di una autoambulanza che provvedeva a trasportarlo all'ospedale civile di Massa Marittima.
Qui, i sanitari di turno dell'astanteria gli riscontravano la sospetta infrazione della colonne vertebrale, la frattura completa della gamba sinistra, la frattura di costole ed altre contusioni e ferite, per cui lo facevano ricoverare in corsia con prognosi riservatissima.
Mentre telefoniamo le condizioni del ferito permangono preoccupanti.
Verso l'alba, avvertita telefonicamente, si recava all'ingresso del pozzo numero due l'autorità giudiziaria: il sostituto procuratore della Repubblica dottor Dall'Alba, accompagnato dal cancelliere della Procura Stefanoni, eseguiva gli accertamenti e alle undici concedeva il nulla – osta affinché la salma del Banducci potesse essere trasportata all'imbocco del pozzo d'ingresso, e da qui all'abitazione.
Le lancette dell'orologio della chiesa di Santa Barbara, a Ribolla, segnavano le 14 quando un traballante automezzo, sollevando nuvole di polvere sulla strada, faceva il suo ingresso nel piccolo paese minerario.
Sugli usci delle case donne e minatori sostavano muti: sul loro volto era disegnato nuovamente il dolore.
Le misere spoglie venivano trasportate per la strada opposta a quella per la quale fino da venerdì scorso erano transitate le autoambulanze con a bordo le salme bruciacchiate dei 40 minatori che di volta in volta venivano estratti dalle viscere sconvolte del pozzo della morte.
Provenienti dalla lampisteria, un gruppo di minatori delle squadre di soccorso che avevano lavorato fino a poco prima nel pozzo “Camorra” si imbattevano nell'automezzo proprio all'altezza del grande platano cresciuto alla periferia del paese.
Recavano sul volto i segni della dura fatica impiegata nella ricerca di due loro compagni che la terra ancora non aveva restituito.
La notizia della nuova sciagura li aveva raggiunti nella galleria, illuminata dal riverbero di piccoli incendi di grisou.
Al passaggio dei resti del Banducci tutti si sono scoperti il capo e qualcuno si è segnato.
Poi hanno ripreso il cammino con una ruga di più sulla fronte.
Alle 14 e 10 i resti straziati del minatore venivano ricomposti sul letto della sua abitazione; e la moglie e le due figlie, dopo l'angoscia delle ore notturne, vegliavano ora la salma.
Domattina la salma del Banducci raggiungerà quelle dei compagni caduti la scorsa settimana, che già da cinque giorni sono nel camposanto di Ribolla (ndr ?).
A Grosseto la notizia della nuova sciagura si è sparsa fulminea, suscitando vivo cordoglio nella popolazione.
I primi ad esserne messi al corrente sono stati, oltre all'autorità Giudiziaria, il Pofessor Levi – Sardi, consigliere di Stato e presidente della Commissione d'inchiesta nominata dal ministro del lavoro Vigorelli e i suoi collaboratori, ing. Giovanni Girolami, ispettore superiore del Ministero, e ing. Gaetano Fracassi, ispettore superiore del lavoro, che proprio in questi giorni stanno esaminando il rapporto relativo agli infortuni di miniera verificatisi in questa parte del bacino minerario e particolarmente nei pozzi di lignite di Ribolla.
Proprio al “gallerione” negli ultimi mesi, si erano verificati 5 paurosi infortuni sul lavoro.
Fino ad oggi, nessuno di essi era stato mortale.
Il nuovo lutto ha suscitato dolore e costernazione anche fra i componenti le squadre di soccorso che continuano le ricerche dei cadaveri rimasti nelle viscere del “Camorra”.
Uno di essi, scuotendo la testa, ha commentato: “Il Banducci era molto amico di Giovanni Calabrò. L'ha voluto raggiungere anche nell'aldilà”.

FRANCO TINTORI.

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