IL TIRRENO

Giovedì 27 Novembre 1958

CONCLUSO DOPO VENTI UDIENZE IL DIBATTIMENTO AL TRIBUNALE DI VERONA

 

ASSOLTI “PER NON AVER COMMESSO IL FATTO”
TUTTI GLI IMPUTATI DEL PROCESSO DI RIBOLLA

I giudici hanno emesso la sentenza dopo un'ora e venti di permanenza in camera di consiglio – L'arringa dell'avv. De Marsico – Gli altri difensori si sono limitati a presentare le loro conclusioni scritte

Verona, 26.
Dopo venti udienze, si è concluso stasera presso il tribunale di Verona il processo per il disastro minerario di Ribolla, per il quale sei persone erano state rinviate a giudizio dopo una lunghissima istruttoria.
Il tribunale, entrato in camera di consiglio alle ore 16,21, ne è uscito alle 17,42 per la lettura del dispositivo della sentenza che è stata fatta dal presidente dott. Rodini.
Tale sentenza dice:
“In nome del Popolo italiano il tribunale di Verona, visto l'art. 479 del codice di procedura penale, assolve gli imputati Rostan Giulio, Carli Gaetano, Seguiti Tullio, Marcon Antonio, Baseggio Roberto e Padroni Leonello dai reati loro addebitati per non avere commesso il fatto”.
Dieci righe manoscritte, la lettura delle quali è stata fatta dal presidente con voce alta e chiara, hanno liquidato, secondo giustizia, un procedimento giudiziario unico del suo genere, che aveva trascinato sul banco degli imputati sotto le accuse di disastro minerario e di omicidio colposo plurimo nonché di ferimenti colposi plurimi, sei professionisti che le aule della giustizia, prima d'ora, non le avevano mai viste.
L'ultima udienza si era aperta la mattina con l'arringa dell'on. Prof. De Marsico, del foro di Roma.
Tre difensori avevano parlato ieri, uno ha parlato oggi. Gli altri otto hanno rinunciato al compito, limitandosi a presentare ai giudici, prima che essi si ritirassero in camera di consiglio, le loro conclusioni scritte.
La presentazione era stata fatta dal prof. D'Andrea il quale aveva detto pochissime parole per esprimere l'augurio che il tribunale le avrebbe accettate.
L'on. De Marsico, in mattinata, aveva pronunciato un'arringa che può essere considerata un'autentica lezione di diritto. Se l'illustre penalista rimano, invece di essere in un'aula di tribunale, fosse stato in un'aula universitaria, non avrebbe certo raccolto più applausi di quanti ne ha mietuti stamane.
In effetti egli è stato di una logica e di una potenza sconcertanti nel lavoro da lui svolto di demolizione delle conclusioni cui era giunto il P.M. dott. Bianchi.
De Marsico, che aveva esordito dicendo di non voler chiedere l'assoluzione degli imputati con una formula qualsiasi, ha voluto dimostrare che il fatto loro addebitato non sussisteva. E c'è riuscito, da par suo. Tutte le affermazioni di colpevolezza fatte dal rappresentate la pubblica accusa sono state controbattute e smantellate dal difensore il quale ha spaziato su tutti gli argomenti sui quali il processo si era basato.
Riassumendo, il prof. De Marsico aveva detto di escludere per tutti gli imputati un'assoluzione per insufficienza di prove. Restavano le altre due formule: l'insussistenza dei fatti loro addebitati, e perché i fatti stessi non costituivano reato. Ha scelto la prima delle seconde due e il tribunale l'ha accettata in pieno.
La lettura della sentenza, ascoltata in religioso silenzio non solo dagli imputati e dai loro difensori, ma anche dal pubblico che si era raccolto, per la prima volta, numeroso in aula, ha suscitato notevole soddisfazione.
Indescrivibili le scene di commozione cui si sono abbandonati (e ne avevano ben donde) i sei assolti assieme ai loro familiari che per venti udienze erano stati visti tutti attenti alle parole dei congiunti prima, dei testi poi ed infine degli avvocati difensori.

Gastone Donin

(Archivio Roberto Calabrò)

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