IL TIRRENO

Domenica 19 ottobre 1958

Riprende il dibattimento al tribunale di Verona

 

AL PROCESSO PER LA SCIAGURA DI RIBOLLA
PARLERANNO DOMANI GLI ULTIMI IMPUTATI

Concluderà la sua deposizione il caposervizio della sezione Camorra ing. Marcon e
sarà quindi sentito il tecnicho che dirigeva gli operai rimasti uccisi -
Il Pubblico Ministero si prepara a dar battaglia

Lunedì mattina riprende, presso il tribunale di Verona, il processo per il disastro di Ribolla del 4 maggio 1954 per il quale, com'è noto, sei persone sono imputate di omicidio colposo in persona di 43 minatori morti, e di ferite colpose gravi nei confronti dei molti altri operai che nella stessa dolorosa circostanza rimasero feriti.
Finora, come abbiamo ampiamente riportato, si sono presentati davanti ai giudici cinque dei sei imputati, e cioè l'ex direttore della miniera ing. Padroni, il direttore generale del settore minerario della Montecatini ing. Rostan, il capo del distretto minerario di Grosseto ing. Seguiti, il direttore tecnico delle miniere della Maremma della Montecatini ing. Carli e il caposervizio della sottosezione Camorra ing. Marcon.
La linea difensiva seguita dai cinque è stata per tutti la stessa: critiche senza mezzi termini alle risultanze delle perizie ufficiali, dichiarazioni sulla bontà dei sistemi messi in atto a Ribolla dall'ingegner Padroni, per la coltivazione e lo sfruttamento dei giacimenti lignitiferi, diniego assoluto che il disastroso scoppio si sia verificato nella falda ovest di Camorra.
In istruttoria, l'unico degli imputati che avesse dichiarato cose in contrasto con quelle degli altri cinque era stato l'ing. Seguiti. Parve perciò che egli fosse dello stesso parere delle egregie persone che dalla magistratura avevano avuto l'incarico di accertare, sulla base dei dettati della tecnica mineraria, come probabilmente si erano svolte le cose.
“Probabilmente”, diciamo, perché le indagini peritali si svolsero dopo circa quattro mesi dal disastro, quando cioè nelle viscere della terra fu spento l'incendio sollevato dall'esplosione. Quattro mesi che ci sembrano in verità troppi perché si possa credere che (anche se i periti l'hanno indovinata con le loro parole) le cose siano andate esattamente come essi hanno detto, e quel che più conta, messo per iscritto.
Nel corso del dibattimento processuale, però, l'ing. Seguiti ha “rettificato” (come egli stesso ha tenuto a precisare), le affermazioni fatte al giudice istruttore, scusandosi col dire che tutti possono sbagliare. Necessario, però, è il non persistere nell'errore.
Anche il capo del Distretto minerario di Ribolla ha espresso pertanto l'avviso che lo scoppio non sia avvenuto nella falda ovest, bensì nella falda est, che non si sia trattato di un'esplosione di gas di distillazione mescolati a polvere di carbone bensì di uno scoppio di grisou compresso nel fondo cieco, ecc.., ecc..
La stessa tesi, come si vede, degli altri imputati. E l'ing. Seguiti, alla meraviglia del presidente dott. Rodini, ha risposto dicendo che soltanto due anni dopo il disastro gli fu possibile prendere visione di determinati documenti che gli hanno permesso di cambiare totalmente opinione.
Questo è stato forse il fatto più sensazionale finora verificatosi, ma con tutta probabilità non rimarrà isolato. Altre novità si prevedono a breve scadenza: quando, cioè, terminati gli interrogatori degli imputati, si aprirà davanti al tribunale la fase più attesa del processo e cioè quella delle testimonianze.
Mercoledì scorso, nell'udienza che ha chiuso la breve settimana processuale, è stato ascoltato il capo servizio di Camorra ing. Marcon.
Uomo di indubbia intelligenza e di preparazione tecnica fuor del comune, questo tecnico minerario , abituato a vivere nel sottosuolo a contatto diretto con quelle forze della natura che sono le inesorabili nemiche dell'uomo, ha esposto con calma ma con fermezza la sua tesi. E dopo averla esposta, l'ha difesa dagli assalti che le sono stai mossi soprattutto dal Pubblico Ministero il quale attende al varco gli imputati, per coglierli in contraddizione con quanto asserirono in istruttoria.
Per ora il dott. Claudio Bianchi non c'è riuscito, ma certi suoi sorrisi, certo modo di sollecitare spiegazioni o altro sembrano far credere che ritenga di aver nella manica l'asso da giocare quando giungerà il momento opportuno.
Il pubblico accusatore sta combattendo una battaglia difficile, contro gente intelligente e veramente convinta di essere dalla parte del giusto.
Lunedì mattina, la schermaglia riprenderà. Tornerà davanti ai giudici, per completare la sua deposizione, il caposervizio ing. Marcon, dal quale il tribunale attende ancora parecchi lumi. Tra l'altro, gli argomenti finora trattati sono stati tutti di carattere piuttosto generico e implicavano le responsabilità di tutti i dirigenti della miniera più che quelle specifiche dell'imputato. È da ritenere perciò che, questa volta, il presidente dott. Rodini formulerà nei confronti di questo imputato delle accuse precise.
Saprà cavarsela l'ing. Marcon con la stessa eleganza con cui ha saputo cavarsela nella prima udienza a lui dedicata? Pensiamo di sì. Nelle sue parole mercoledì scorso si avvertiva indubbiamente della sincerità. Il modo con cui egli citava qualcuna delle vittime del disastro era veramente intriso di commozione e di rimpianto per tanti poveretti rimasti vittime di un destino atroce.
Conclusa la parte del processo che si riferisca all'ing. Marcon, verrà chiamato davanti al tribunale l'ultimo dei sei imputati, l'altro caposervizio di Camorra, ing. Baseggio.
Al momento dello scoppio questo giovane e valente tecnico si trovava in miniera: fu la prima persona che Marcon incontrò quando scese nelle viscere della terra per vedere cosa era successo. Nella circostanza l'ing. Baseggio rimase ferito piuttosto gravemente alla testa e si salvò per un puro miracolo dalla più orribile delle morti.
Egli deve rispondere, come gli altri, di addebiti piuttosto pesanti, ma si ritiene che sarà colui che se la caverà più rapidamente. Al momento della sciagura era sotto terra assieme a coloro che poi morirono: ha corso pertanto lo stesso rischio dei suoi operai.

GASTONE DONIN

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Per gentile concessione di Roberto Calabṛ